viernes, julio 16, 2021

Madri malvagie e paesaggi lussureggianti, di Anna Boccuti

 Dal Messico al Cile, una nuova generazione di scrittrici del fantastico 

Erano gli anni sessanta quando, sull’onda del successo della prima traduzione di Cent’anni di solitudine, pubblicata nel 1968, venne avviata la “costruzione” editoriale della letteratura ispanoamericana. Il catalogo su cui si puntava per dare voce al continente americano contemplava un eterogeneo gruppo di scrittori, alcuni dei quali destinati poi a diventare sinonimo di tale letteratura tout court, ovvero i futuri premi Nobel Gabriel García Márquez e Mario Vargas Llosa, l’acclamato Julio Cortázar, il brillante Carlos Fuentes. (...)

È possibile – e per certi versi auspicabile, aggiungiamo – che la letteratura latinoamericana, intesa come un insieme omogeneo, plasmato secondo le aspettative di un esotismo preconfezionato a uso e consumo del mercato europeo e nordamericano, non esista più.  (...) 

Lungi dal riproporre la cartolina stereotipata di un mondo di tropicale e lussureggiante esuberanza, autrici come Fernanda Ampuero, Agustina Bazterrica, Liliana Colanzi, Jacinta Escudos, Cecilia Eudave, Mariana Enríquez, Nona Fernández, Fernanda García Lao, Guadalupe Nettel, Mónica Ojeda, Giovanna Rivero, Solange Rodríguez Pappe, Samanta Schweblin (secondo un elenco parziale e ordinato alfabeticamente) hanno dato vita a narrazioni insolite, nelle quali il reale è tenacemente indagato, sottoposto a una tensione estraniante e così trasformato nel detonatore di suggestioni e visioni ulteriori, mai risolutive o consolatorie: l’immaginazione fantastica non è utopica, in questa letteratura, e si configura invece come il luogo stesso del conflitto. 

(...) Va detto che tale convergenza non costituisce una novità assoluta nel panorama letterario ispanoamericano: ce ne aveva difatti già offerto una selezione assai convincente María Cecilia Graña con la sua antologia Tra due specchi. 18 racconti fantastici di scrittrici latinoamericane del 2004. In quel volume, Graña presentava al pubblico italiano la narrativa breve di scrittrici nate fra il 1928 e il 1940, tra cui la cilena María Luisa Bombal, l’argentina Silvina Ocampo, la portoricana Rosario Ferré, o la messicana Amparo Dávila. Si trattava di autrici allora diversamente (s)conosciute dai lettori nostrani, malgrado la loro innegabile statura letteraria, e che in alcuni casi sarebbero approdate in Italia solo molto tardi (l’opera di Dávila, ad esempio, è stata pubblicata per la prima volta lo scorso anno grazie a Safarà Edizioni, che ne ha proposto una selezione dei racconti più celebri con il titolo di L’ospite e altri racconti, nella traduzione di Giulia Zavagna). 

 (...) Per dare un’idea dell’originalità di questa “nuova” letteratura fantastica, basta menzionare solo alcune tra le tante uscite degli ultimi due anni: il perturbante Mandibula, romanzo dell’ecuatoriana Mónica Ojeda, nel quale si affrontano con maestria le ombre di un materno soffocante e morboso (cfr. "L'Indice" 2021, n. 6); il realismo allucinato di Distanza di sicurezza e di Sette case vuote, dell’argentina Samanta Schweblin, che ritrae un mondo fuori asse, deformato e per questo intrinsecamente minaccioso; i racconti visionari di Ricomporre amorevoli scheletri, della boliviana Giovanna Rivero, che scruta in modo personalissimo le ferite delle relazioni e dell’identità, oppure lo scenario distopico tratteggiato dall’argentina Fernanda García Lao in Donne da macello: la rilettura della guerra delle Malvine si innesta qui su un’ambientazione postapocalittica in cui, alla stregua delle ancelle della Gilead di Margaret Atwood, le donne diventano corpi da fecondare per portare avanti un folle progetto nazionalista. Numerose e in armoniosa contiguità, si tratta di opere che possono davvero essere intese come parte di una medesima costellazione, e non come astri isolati. Più che esprimere il “femminile”, queste scrittrici riprendono tematiche dibattute a livello globale e assai produttive se scrutate nell’ottica dei femminismi attuali, allineandosi con alcune preoccupazioni della letteratura “mondiale”. Beninteso, nei loro testi non ci si trova sempre di fronte a un femminismo programmatico e militante, e tuttavia la presenza di strategie narrative comuni autorizza a parlare di racconti femministi. Ad esempio, le protagoniste e le narratrici sono donne e il loro punto di vista è la via privilegiata d’osservazione e di accesso al mondo (una costante di tutta la narrativa di queste scrittrici); per quanto riguarda l’aspetto tematico, si predilige l’esplorazione dei risvolti oscuri di alcune esperienze considerate prerogative del genere femminile e sovente investite di un’aura mistica, quali la maternità – descritta nelle pagine di Distanza di sicurezza, Schweblin – oppure l’amore romantico, “sezionato” in alcuni racconti di Ricomporre amorevoli scheletri di Rivero. (...)

Proprio la mostruosità viene, infatti, rivendicata provocatoriamente dalle protagoniste quale valore, e si tramuta in un sorprendente mezzo di empowerment, suggerendo paradigmi altri che ribaltano la rassicurante concezione, maschile e patriarcale, di un femminile docile e sottomesso. Si esplorano, insomma, da una prospettiva di genere, le continuità fra il domestico e l’estraneo, fra l’orrore naturale e quello sovrannaturale, dove il terrore è il linguaggio scelto per raccontare il presente a partire da una tripla marginalità – del genre, del gender, e dei centri di produzione economica. Il fantastico finisce, così, per risignificarsi e, grazie alla contaminazione con i modi a esso affini, si carica di valenze manifestamente politiche, scuotendo le fondamenta di una società classista e machista. (...)

 anna.boccuti@unito.it 

A. Boccuti è ricercatrice di lingue e letterature ispanoamericane all’Università di Torino

L'indice dei libri del mese. (frammento)


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